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Il declino è il nostro destino?

Aggiornamento: 12 nov





Mercoledì 30 ottobre alle ore 12.45 si è svolta una riunione della Conferenza dei dirigenti con il seguente ordine del giorno: "Comunicazioni del Presidente". Nell'incontro, durato 30 minuti e svolto da remoto, il Presidente Chelli ha comunicato i principali contenuti della sua proposta di riorganizzazione dell’ISTAT: tale proposta verrà portata in approvazione alla prima riunione del Consiglio pienamente ricostituito, domani martedì 12 Novembre.


Le principali novità di questa proposta sarebbero:


  • Lo sdoppiamento del DIPS, unificato in modo inedito con la modernizzazione Alleva per dotarlo di una testa unica, in due distinti Dipartimenti, “Sociale” ed “Economico”, e la contestuale abolizione delle due Direzioni di “valorizzazione” DVSS e DVSE. Se l’abolizione delle seconde è un fatto inevitabile che conferma il carattere posticcio di queste strutture che hanno solo valorizzato le carriere di chi le ha dirette, la prima decisione ci riporta alla casella di partenza dopo 10 anni. I tentativi di superare l’artificiale distinzione delle statistiche economiche e di quelle sociali sono falliti di fronte all’inadeguatezza dei dirigenti chiamati a gestire questa transizione, all’inerzia delle abitudini consolidate e alle resistenze delle cordate storiche che hanno controllato i rispettivi territori.

    Si ritorna al passato, si conferma la struttura feudale che controlla la produzione statistica da decenni e che, pare, dobbiamo rassegnarci a considerare immodificabile.


  • La creazione di una nuova Direzione degli Uffici Territoriali e del Sistan, posta direttamente sotto la Presidenza.


  • Il rientro della Direzione di raccolta dati nel DIRM, dove era stata collocata in origine da Alleva. Si tratta della Direzione più esposta rispetto alla crisi sempre più evidente del modello delle reti di rilevazione affidate a ditte esterne, sul quale avevamo chiesto al Presidente l’impegno ad un cambio di paradigma. Staccare la raccolta dati dalla produzione statistica e affidarla al dipartimento che ha in capo la gestione di tutte le consulenze e le collaborazioni esterne pone una grave ipoteca sulla possibilità di un’inversione di rotta su cui avevamo registrato l’impegno del Presidente Chelli prima e dopo la sua nomina. Pensare di non affrontare di petto la questione, di eluderla, espone ogni giorno di più l’Istituto al rischio reputazionale legato allo scandalo di dati raccolti con modalità contrattuali ai limiti dello sfruttamento di manodopera e con un oramai accertato impatto sulla qualità degli stessi.


  • L’introduzione di un nuovo servizio dedicato alla Cybersecurity, legato alla condizione di stallo totale del progetto 3-I che lascia l’Istat in ritardo di fronte alle richieste di adeguamento poste dall’AgID, ma anche la ventilata possibile introduzione all’ultimo minuto di un servizio tematico ad-hoc sulle migrazioni, neppure accennata durante la Conferenza dei dirigenti.

    Si tratta di un tema che certo meriterebbe riflessioni specifiche, ma è difficile sottrarsi all’impressione che si tratti di una scelta che darebbe soddisfazione all’ex-presidente Blangiardo, che dopo aver imposto all’Istat un’estenuante tira e molla sulla sua ri-elezione è rientrato nel Consiglio proprio in quanto direttore di un Istituto di ricerca sulle migrazioni, tema sul quale è stato protagonista di prese di posizione irricevibili. Se così invece fosse, si tratterebbe di una conferma della persistenza di uno scenario, quello dei tentativi di cooptazione e tutela politica dell’Istat, che credevamo fosse chiuso con il fallimento del Blangiardo-bis.


  • Dato che il numero massimo delle strutture dirigenziali è fissato dallo Statuto ed è già raggiunto, e visto che la proposta di riorganizzazione in questione ne aggiungerebbe, non restano che due possibilità: quella di una revisione-lampo dello Statuto per aumentare il numero delle poltrone o quello del sacrificio di strutture esistenti per far posto alle nuove. Sarà curioso vedere come una delle due opzioni possa essere giustificata e digerita.



Complessivamente, il profilo di questa riorganizzazione appare fiacco e privo dello slancio necessario ad invertire la rotta del declino dell'Istat e anzi conferma la traiettoria disastrosa che la presidenza Blangiardo ha lasciato dietro di sè. Sintomatica è anche la scelta di ridurre i numeri e posticipare il concorso da III livello: mentre sempre più persone abbandonano l’Istat, si rinvia e si depotenzia il reclutamento di forze fresche di cui abbiamo bisogno.


Mentre si discute nei corridoi solo di chi occuperà quale poltrona, non ci si accorge che stiamo minando le fondamenta stessa della statistica pubblica ed eludendo la domanda sociale cui dovremmo dare risposte e che dà senso al nostro lavoro.


Di ciò che servirebbe all’Istituto per uscire da questo cul-de-sac in cui ci siamo incartati non è mai ora di parlare:


  • Pianificare un reclutamento regolare e mirato nei profili di accesso, finalizzato ad attrarre i giovani e che non generi in partenza insoddisfazione e frustrazione per via di anomali inquadramenti e collocazioni (tutto il contrario di quello che si è fatto con l’ultima procedura concorsuale espletata per i 100 CTER, senza aree e con prove selettive completamente sbilanciate che hanno prodotto abomini nelle allocazioni del personale assunto che, a distanza di due anni, non si riescono ancora a sanare).


  • Reinternalizzare la filiera della produzione del dato per le indagini su famiglie e imprese, portando “in-house” tanto gli aspetti tecnico-informatici (questionari elettronici, app-based survey, gestionali) che la rete di rilevazione.


  • Promuovere e costruire relazioni di scambio con il mondo della ricerca e dell’Università su temi che ci riguardano e su cui dobbiamo recuperare autorevolezza (percorsi di dottorato in ISTAT, study visits per giovani ricercatori esterni nei servizi di produzione con la messa a disposizione dei dati amministrativi e di indagine di cui disponiamo).


Per cambiare questa cultura organizzativa feudale che intrappola l’Istituto e che sembra toglierci l’aria non occorre solo una buona dirigenza, serve invece come sempre tutta la nostra determinazione e partecipazione. Altrimenti non restano che le briciole o la via dell’esodo verso quelle poche realtà che risultano più attrattive almeno sul piano economico.


11/11/2024


COORDINAMENTO LAVORATORƏ DELLA STATISTICA PUBBLICA


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