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Fase 2

Aggiornamento: 27 lug 2020

Anche in Istat si comincia a pianificare la Fase 2, come abbiamo potuto leggere dai resoconti degli incontri tra OO.SS. rappresentative e amministrazione. Ne abbiamo tratto ampi motivi di preoccupazione. L'amministrazione starebbe infatti definendo un "piano di rientro", addirittura a partire dal 4 maggio. Le OO.SS. hanno formulato varie proposte operative per garantire la massima possibile sicurezza nella transizione verso la "normalità": volontarietà, turnazione, numero massimo di lavoratori per stanza, esenzione per soggetti fragili o carichi familiari.


Crediamo che questa discussione sia del tutto prematura e che non ci siano al momento, nè a breve termine, i presupposti per un rientro nelle sedi Istat. La valutazione che l'amministrazione deve infatti fare è quella che commisuri i benefici di un progressivo rientro dei lavoratori nelle sedi, ai costi (diretti e indiretti). Da questo punto di vista è ai nostri occhi chiaro che i secondi sopravanzano di gran lunga i primi. Grazie allo sforzo organizzativo, tecnologico e economico che è stato fatto in questi ultimi mesi, oggi l'attività di produzione statistica (e tutte le attività amministrative e tecniche di supporto) è pienamente garantita in regime di smart working generalizzato. Questo risultato, che l'amministrazione non ha mancato di sottolineare e che può legittimamente rivendicare, consente per fortuna di pensare con la massima calma e cautela all'ipotesi di un rientro. Per quanto ne sappiamo non c'è dunque alcuna necessità operativa impellente che ci costringa a tornare nelle sedi: se invece è così, l'amministrazione ha il dovere di dettagliare quali sono le attività che non sono garantite in regime di lavoro in remoto. Se i benefici appaiono limitati, i costi e i rischi individuali e collettivi di un eventuale rientro continuano invece ad essere in media elevati: al netto del diverso impatto dell'epidemia a livello territoriale, le condizioni familiari imposte dalla chiusura delle scuole, la realtà del trasporto pubblico nei grandi centri urbani, la stessa agibilità e sicurezza delle sedi (mensa, servizi igienici, impianti di condizionamento) indicano che l'idea di un rientro imminente sia del tutto fuori luogo. E lo stesso "principio di volontarietà" rischia in mani sbagliate di essere usato come strumento di pressione verso i lavoratori.

Avevamo detto da subito che il principio di responsabilità imponeva di mettere in atto ogni sforzo per limitare i rischi: i casi di infezione da COVID-19 che di lì a qualche giorno hanno riguardato alcuni lavoratori Istat hanno confermato che avevamo ragione. Ci sono tutte le ragioni per confermare un'identica strategia della prudenza.

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