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Il PNRR, l'Istat e la 3-I

Visto che l’esistenza della 3-I è stata giustificata dall’esistenza di finanziamenti PNRR (che ultimamente giustifica un sacco di cose) che sarebbero altrimenti perduti è bene chiarire in che relazione sono queste due cose ed anche in che relazione è l’Istat per davvero col PNRR.

Il PNRR è un finanziamento straordinario ai singoli paesi, in parte in forma di prestiti a fondo perduto in parte in forma di prestiti garantiti, approvato dalla Commissione Europea in occasione della pandemia per favorire la ripresa dallo straordinario shock subito. Per ricevere questi prestiti i singoli paesi dovevano presentare un piano di spesa che funziona a scatole cinesi. Si identificano dei macro-obiettivi, che si articolano in sub-obiettivi, che hanno a loro volta degli interventi (riforme) o delle voci di spesa (investimenti).

Il PNRR ha 6 missioni (i macro-obiettivi), il primo dei quali è Digitalizzazione, innovazione, competitività, cultura e turismo. A sua volta questa missione è articolata in componenti (i sub-obiettivi) il primo dei quali è Digitalizzazione, innovazione e sicurezza nella PA (componente MC1). L’idea è che non si possa contribuire alla digitalizzazione del paese (qualsia cosa questo voglia dire) se la sua Pubblica Amministrazione ragiona ancora in termini analogici. Su questo si può tranquillamente concordare, salvo ricordare in modo superfluo che digitalizzazione non è acquisto e implementazione di strumenti digitali, ma riorganizzazione complessiva.

Se guardiamo alla descrizione della Componente MC1 il supporto alla digitalizzazione delle amministrazioni pubbliche centrali è suddiviso in quattro aree di funzionamento dello Stato: sicurezza, sanità, giustizia e lavoro. L’ultima di queste aree rappresenta un settore del welfare fondamentale incarnato dalle due grandi istituzioni che ci fanno da soci (Inps e Inail) che dalla pandemia ne escono con un bilancio in chiaroscuro. La capacità in ultima istanza assolta, di fornire prestazioni di welfare che si sono moltiplicate fino a 10 volte, ma anche qualche difficoltà nell’infrastruttura informatica, su cui si è –a torto- fatta molta ironia sui giornali. L’investimento 1.6.3 (la voce di spesa) della componente MC1 riguarda, forse come conseguenza di questo bilancio, la digitalizzazione di Inps e Inail. Anche qui niente da eccepire in astratto.

Ora è bene però chiarire una cosa. Per essere effettivamente erogati i soldini europei hanno bisogno di un piano di spesa effettivo e concreto, o di un provvedimento legislativo (i così detti milestones), che lascino supporre ai burocrati della Commissione che i soldi dei contribuenti europei non vengono erogati a vuoto. La relazione che c’è tra questi provvedimenti concreti e i sub-obiettivi è flessibile e da concordare direttamente con i funzionari della Commissione. Sostanzialmente chi sta al Governo dice a Bruxelles “Credeteci nel contesto italiano per spendere bene questi soldi serve questo provvedimento”. Qual è il milestone che sta dietro l’investimento 1.6.3 (i soldi stanziati per Inps e Inail)? La 3-I!

Anche qui bisogna fermarsi un secondo a chiarire un punto. Quando questo impianto con questa articolazione di spesa è stato deciso ed approvato, la 3-I esisteva soltanto nella testa di quel nucleo di dirigenti dell’Informatica pubblica, che l’hanno decisa e promossa (tra cui c’è ovviamente il Direttore Fedeli, e l’ex capo Dipartimento dell’Innovazione Digitale della Presidenza del Consiglio dei Ministri Minenna). Niente imponeva che i soldi per la digitalizzazione di Inps e Inail fossero erogati previa la formazione di una in-house. È il contrario piuttosto. Chi voleva la creazione di questa in-house ha utilizzato la scusa del finanziamento PNRR per rendere questa scelta inderogabile. Ai funzionari della Commissione europea è stato infatti comunicato che il milestone dell’investimento 1.6.3 (i soldi stanziati per Inps e Inail) era la creazione della 3-I. Non depositare lo Statuto della creazione della Società avrebbe quindi effettivamente voluto dire perdere quei soldi.



Fin qui abbiamo chiarito come con una mossa particolarmente furba una importante scelta pubblica sia stata resa “obbligatoria” dai suoi promotori. Ora però dobbiamo chiarire il ruolo di Istat, visto che il nostro Istituto non è depositario di fondi PNRR. Chi nella Dirigenza Istat ha difeso la scelta della 3-I ha sottilmente suggerito come sia un’occasione, che non impatta sul lavoro operativo dell’Istituto. Una scelta che in gergo organizzativo si chiama win-win. In altre parole avremo anche Noi l’occasione di fruire di finanziamenti straordinari, senza per questo dover modificare il nostro lavoro. Ai dipendenti Istat ed alle loro organizzazioni non sono stati consegnati documenti informativi per avere tutti gli strumenti di valutazione, ma da quelli consegnati ai dipendenti Inail, e dallo Statuto depositato il 12/12/2022 ne deduciamo esattamente il contrario.

Lo Statuto dice infatti che ogni Istituto dei tre fondatori avrà un suo membro in Cda. Nei documenti consegnati ai Sindacati degli altri Istituti è chiarito che la 3-I opererà inizialmente secondo una rigida suddivisione in 3 divisioni aziendali. È questo che ha consentito al Direttore DCIT di dire che inizialmente non cambierà nulla nel lavoro dei dipendenti Istat. In realtà questa suddivisione servirà a far fluire i finanziamenti del PNRR ai loro legittimi destinatari (Inps ed Inail), senza che Istat veda (giustamente perché così era previsto) un centesimo di quei soldi. Mentre i servizi resi ad Inail ed Inps dalla 3-I saranno pagati con i fondi del PNRR, quelli che la 3-I fornirà all’Istat saranno pagati con il bilancio dell’Istat. Ecco perché al contrario di INPS ed INAIL, che pur fondando la 3-I non prevedono una dismissione dell’informatica interna, Istat prevede di far passare quasi tutto in 3-I perché i risparmi ottenuti con la cessione dei dipendenti e delle attività alla 3-I verranno utilizzati per pagare la 3-I stessa!

Penultimo punto. È vero che l’Istat non beneficia in nessuna maniera del PNRR? No. Il Dipartimento per la trasformazione Digitale della Presidenza del Consiglio dei Ministri è infatti titolare di un finanziamento per una voce di spesa (molto più piccola) di poco meno di 11 mln di euro volta alla realizzazione della Piattaforma Digitale Nazionale Dati e del Single Digital Gateway (lo Sportello Digitale Unico). Per realizzare questi progetti serve un Catalogo Nazionale Unico dei Dati, per la realizzazione del quale ha chiesto il supporto delle competenze Istat che già a Giugno hanno fornito il primo prototipo, che è già on line. Una collaborazione istituzionale piccola e paragonabile a quelle già operante con molti Ministeri, che in termini monetari ci avrà portato –se va bene- qualche milione contro i circa 150 specificatamente destinate a Inail e Inps.

Ultimissimo punto. Ed i soldi del PNRR per la ricerca? Ci sono, pochi o molti che vengano giudicati, e sono distribuiti secondo due criteri principali. Uno è quelli di progetti di peculiare interesse nazionale, affidati a Enti che hanno tradizione di ricerca in quei campi. Il secondo è quello territoriale che tenta di finanziare attraverso i così detti ecosistemi della ricerca (cordate di Atenei, EPR ed istituzioni di Ricerca consorziatesi per affinità geografica), un po' tutte le istituzioni della ricerca presenti nelle diverse aree geografiche del Paese. CNR e CREA, per citare due istituzioni del nostro comparto prendono da diverse progetti decine di milioni di euro. Istat è totalmente assente tra i beneficiari di questi fondi.



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