L’ISTAT È IL PALCOSCENICO DEL MINISTRO ZANGRILLO: SONO QUESTE LE SGRAMMATICATURE
- clasp istat
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Il 5 giugno è stata una giornata particolare per il nostro Istituto. Dopo settimane di voci di corridoio, spoiler e smentite, in aula magna è andata in scena la kermesse – espressione che sembra appropriata visto che vuol dire letteralmente "messa della chiesa" - intitolata “L’IA per la statistica ufficiale e l'innovazione nella Pubblica Amministrazione. Sfide e opportunità.”
Sotto questo titolo roboante si nascondeva, molto malamente, l’opportunità per il Ministro per la Pubblica amministrazione di fare passerella all’interno del nostro Istituto.
Non è un fatto neutro. La cornice entro cui L’Istat ha steso i tappeti rossi alla massima carica del nostro ministero vigilante è quella di un progressivo affievolimento di uno degli assiomi della statistica pubblica: l’indipendenza e l’autonomia dalla politica.
Molta della postura istituzionale è andata scemando durante il quadriennio della presidenza Blangiardo che, lo ricordiamo, tra le altre cose ha posto l’ufficio stampa sotto le dirette dipendenze della Presidenza sottraendolo alla sua collocazione naturale all’interno della Direzione Centrale per la Comunicazione. La scelta di affidare l’incarico ad un professionista politicamente connotato, le cui sgrammaticature istituzionali sono sfuggite al ministero vigilante, rende leciti i dubbi sulla terzietà della comunicazione ufficiale.
La presidenza Chelli, che non ha sfruttato l’occasione della riorganizzazione per porre rimedio a tale stortura, sembra proseguire su questa china, come testimoniano anche le molte occasioni di confronto in ambito tecnico-scientifico (andate a rivedere il programma dell’ultima conferenza di statistica) in cui troppi degli interlocutori invitati a prendere parola non sono personalità del mondo dell’accademia e della ricerca ma frotte di ministri, sottosegretari, capi di gabinetto, consiglieri e funzionari vari che poco e nulla hanno da dire a platee di tecnici.
Il 5 giugno abbiamo offerto al Ministro Zangrillo l’ennesima possibilità di parlare di sé e della sua azione come massimo dirigente della PA a una platea di dirigenti e lavorator3 dell’Istat, senza prevedere alcun contraddittorio.
L’evento si è aperto con una cornice istituzionale completamente afona in merito ai problemi della Pubblica Amministrazione, persino su quelli legati all’avvento dell’intelligenza artificiale all’interno di una galassia di amministrazioni sottofinanziate, antiquate tecnologicamente, trainate da dipendenti di oltre 50 anni di età, sempre più frustrati per i crescenti carichi di lavoro dovuti alla cronica carenza di personale e alle deprimenti condizioni retributive.
Unica voce fuori dal coro e dal codazzo quella della RSU che ha richiamato il Ministro sui temi più urgenti da affrontare per ovviare alla percezione diffusa di una pubblica amministrazione poco attrattiva, con limitate opportunità di crescita professionale e retributiva e che finisce col risultare respingente per molti giovani qualificati, come dimostrano gli esiti demoralizzanti di molti concorsi in ambito pubblico:
fondi decenti per il rinnovo del CCNL 2022/2024
sblocco dei fondi per il salario accessorio e nuove procedure di valorizzazione per il personale tecnico amministrativo e per rispondere al sottoinquadramento
aumento dell’indennità per oneri specifici e scorrimento delle graduatorie per la valorizzazione del personale ricercatore e tecnologo
blocco del “nuovo” sistema di valutazione della performance individuale che risulta regressivo e punitivo
internalizzazione del personale addetto alla rilevazione dei dati delle indagini Istat
exit strategy dell’Istat dalla 3I S.p.A.
Un intervento poco gradito dalla tavola rotonda e ancor meno dal Ministro, che non ha affrontato alcuno dei punti illustrati ma non ha mancato di attaccare l’appello al voto sui referendum dell’8 e 9 giugno sui temi del lavoro e della cittadinanza pronunciato alla fine dell’intervento. Lo ha definito una “sgrammaticatura istituzionale” inopportuna, nel tentativo di squalificare l’interlocutrice insieme a uno dei pochi strumenti rimasti per l’esercizio della democrazia nel nostro paese, bistrattato dai decreti-legge. L’invito al voto non è propaganda elettorale faziosa e sarebbe ben strano se il processo democratico di pronunciamento su delle norme che riguardano il lavoro restasse fuori da un luogo il cui datore di lavoro è lo Stato e non singoli personaggi politici che temporaneamente lo rappresentano e invitano all’astensione mancando quantomeno di senso istituzionale.
Al di là di questo piccolo fuori programma, il nulla.
L’intervista al Ministro condotta dal Direttore centrale dei rapporti esterni non si può nemmeno definire tale. Si è trattato piuttosto di un lungo monologo, intervallato da cenni di assenso del capo e domande vaghe a risposta pressoché libera.
Se il vero obiettivo di questo consesso era recuperare gli iniqui trasferimenti al bilancio Istat, avvenuti senza che il Consiglio protestasse adeguatamente, dobbiamo constatare che difficilmente un tema non verbalizzato dalla nostra amministrazione potesse ricevere risposte dal Ministro, che in effetti non ne ha fatto alcun cenno. Crediamo invece che il risultato sia stato registrare il sempre più preoccupante grado di arrendevolezza della nostra classe dirigente e la progressiva perdita di autorevolezza e indipendenza dell’Istituto.
Bisognerebbe iniziare a farci qualcosa con questi dati di fatto, prima che sia troppo tardi. Per questo abbiamo aperto una riflessione che parte proprio da queste constatazioni con l’obiettivo di promuovere un ciclo di iniziative di approfondimento e azione nel medio termine in difesa della statistica pubblica e del bene più prezioso a cui abbiamo il privilegio di lavorare
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